GIACOMO BOLLINI | Intervista


1. Cosa vuol dire per te fare parte del progetto Arditi d'Oro?
Oggettivamente sono molto orgoglioso di farne parte. Conoscevo Roberto Roseano da qualche mese: avevamo già qualche collaborazione storica e un fitto scambio di opinioni ed informazioni sulla tematica dell’arditismo. Del resto lui ne è uno dei maggiori studiosi in Italia. Ero e sono un grande apprezzatore del suo lavoro e non nascondo che aver ricevuto da parte sua l’invito a partecipare a questo progetto… mi ha fatto davvero piacere. Una delle massime della mia filosofia da storico è che “se gli storici non collaborano fra loro, hanno perso in partenza”. Sono quindi lieto di far parte di questo bel gruppo.

2. Raccontare la vita, le imprese e i sacrifici di ragazzi che hanno combattuto e in alcuni casi dato la vita è un onore, ma anche un onere. Come hai vissuto questa impresa ardita? 
Raccontare e tramandare non è solo un piacere, ma un dovere, e non solo dello storico, ma dovrebbe essere di qualsiasi cittadino. Un paese che dimentica, non tramanda è un paese senza futuro in tutti i sensi. Il senso civico e l’orgoglio di una popolazione si basa moltissimo sul passato, sulla maniera di tramandare il passato ma soprattutto nella frequenza di come questo passato viene tramandato. Ogni famiglia dovrebbe fare di quest’opera di ricordo e di tramandare la memoria una propria missione di vita. Quando ero bambino non mi facevo raccontare le fiabe ma mi facevo raccontare i ricordi dei bisnonni che non avevo conosciuto. Tutto partì da lì tanti anni fa. E oggi questo modus operandi e questa missione fanno parte quotidiana della mia vita.
Questo libro non può che essere un altro capitolo di questo percorso. Anche nel recente abbiamo visto come i cliché e i vecchi pregiudizi duri a morire inquinino ancora fin troppo la narrazione storica. L’operazione di ravvivare la fiamma della memoria degli arditi portata avanti da Roseano è quindi pregevole e lodevole. Sono contentissimo quindi di farne parte.

3. Raccontaci della scelta/e dell'ardito/i di cui hai narrato le gesta. Come mai proprio lui/loro? 
La scelta è stata abbastanza semplice. Il bolognese Ivo Lollini era già stato oggetto delle mie attenzioni: a giugno 2018 con la mia associazione storica Emilia Romagna al fronte avevamo studiato la sua vicenda, ripubblicato un librino commemorativo ad opera del fratello e deposto una targa presso Casa Pin, dove è caduto. Era abbastanza facile per me, quindi, ripercorrere, sebbene con un racconto romanzato la sua vicenda.
L’altro capitolo che ho scritto, invece, che narra la storia di Verdirosi e Saloni, ho chiesto io a Roseano di scriverlo, poiché ero fresco della lettura di due libri del piacentino Ludovico Lommi, il loro capitano, che ne ripercorre le storie con dovizia di dettagli. Fra i reparti d’assalto che conosco meglio, senza dubbio, c’è il XXIII, il loro. Anche qui, quindi, sono andato sul sicuro.

4. Parliamo delle scelte narrative e stilistiche che hai adottato. Ci hai ragionato molto? Cosa ti ha portato a scegliere? 
Oggettivamente era la prima volta che provavo a scrivere un testo romanzato e non un saggio. Qualche titubanza ce l’avevo senza dubbio. Ho optato per una narrazione in terza persona con un narratore onnisciente, come una sorta “presenza superiore” che guarda e descrive la scena. In entrambi i racconti ho scelto una narrazione non lineare, interrotta da flashback, con i personaggi che ricordano il passato della loro vita ed esperienza di guerra. Mi sembrava la maniera migliore per rendere ancora più profondo il personaggio che stavo descrivendo.

5. In questi ultimi anni stanno uscendo davvero tanti libri sulla Grande Guerra e anche sugli Arditi. Supponiamo si debba scegliere... perché leggere Arditi d'Oro e non qualcos'altro?
Questo centenario ha avuto senza dubbio il pregio di aver spinto tanti, addetti ai lavori e non, a scrivere qualcosa sulla Grande guerra, e qualche editore ad avere più coraggio a pubblicare opere su questa tematica. Non vuole questa mia affermazione sembrare presuntuosa, ma questo ha significato anche che sono usciti libri di bassa qualità, infarciti di errori e dei soliti cliché sulla Grande guerra triti e ritriti. Il team di lavoro di “Arditi d’oro” è composto da persone più competenti, appassionate e che hanno dedicato anni di studio sulla tematica dell’arditismo e delle storie umane di questi uomini. Una garanzia di qualità che senz'altro dà un qualcosa in più a questo libro.

6. E a proposito di libri, consigliaci un libro sulla Grande Guerra che dovremmo leggere a tutti i costi e perché (a parte Arditi d'Oro ovviamente).
Se si vuole capire la Grande Guerra bisogna leggere le parole di coloro i quali l’hanno vissuta. Con piacere ti sciorino il mio podio dei diari e delle memorie, che vanno anche un po’ oltre ai notissimi Lussu, Salsa e Dominioni che non dovrebbero mancare nella libreria di ciascun italiano. A mio avviso i diari di guerra più belli che ho letto, densi di significato e di tragicità, ma anche di grande dignità umana, sono: “Introduzione alla vita mediocre” di Arturo Stanghellini, “Un fante lassù” di Gino Cornali e “L’ora K” di Arnaldo Calori (di quest’ultimo mi pregio di averne curato nel 2016 la riedizione. Una grande soddisfazione). Mi limito questi tre, anche se ce ne sarebbero davvero tanti altri. Non mi addentro a stilare una lista di consigli sui saggi, sennò fra tre giorni sono ancora qua a scrivere!

7. Che cosa ti aspetti da Arditi d'Oro? Come verrà accolto secondo te dai lettori? Il pubblico dei lettori di libri a tema storico è particolarmente esigente... dici che verrà promosso o verrà eletto a nuova Cazzullata di fine 2018?
Torniamo al discorso di prima. Un lettore “qualunque” che si avvicina ad un libro nuovo percepisce la passione dietro ad un’opera. “Arditi d’oro” non può che fare questa impressione. Anche i lettori più esigenti e competenti, a mio avviso, saranno appagati da questa lettura, per il suo stile ma, soprattutto, per la competenza degli autori che non hanno scritto “cazzullate”. Gli autori di questo libro non sono “opportunisti” del libro, ma, ribadisco, persone che da anni si dedicano a tematiche legate alla memoria della Grande Guerra.

8. Questo libro potrebbe avvicinare i ragazzi più giovani agli arditi oppure pensi che la Grande Guerra sia materia vietata per gli under 30?
Mi sembra di dover fare una sorta di “discorso di fine anno del Presidente della Repubblica”: se i giovani non si interessano alla storia del proprio paese, il paese è destinato a spegnersi velocemente. Guai se questa tematica fosse vietata agli under 30! È da ragazzi che scattano certi meccanismi mentali e che si accendono certe scintille. Del resto la maggioranza delle storie raccontate in “Arditi d’oro” parla proprio di under 30, di ragazzini… che la guerra portò via dalle case e dagli affetti. Che questi giovani siano un esempio per spirito di dedizione e di sacrificio ai giovani d’oggi. Le difficoltà e le prove da superare ci sono per ogni generazione a proprio modo.

9. Il 2019 si avvicina... avremo modo di vederti ancora all'opera con carta e penna (o mouse e tastiera)? Cosa bolle in pentola? 
Bollono talmente tante cose che tra poco la pentola scoppierà! Scherzi a parte: la mia passione e la voglia di scrivere e raccontare queste storie è talmente tanta che è difficile tenermi fermo. Fra curatele di diari, collaborazioni con editori ed enti già avviate da tempo… sarà un 2019 bello ricco di pubblicazioni, forse addirittura più del 2018! Si sta poi facendo strada una nuova folle idea… alla “Roseano”, per intenderci. Con alcuni amici daremo vita ad una piccola collana di biografie di questi “uomini del ‘900”, combattenti della Grande Guerra e non solo. Un progetto ambizioso e un po’ folle, ma nel quale credo e crediamo molto. Non mancherò di tenerne informato Funedivincolo, promesso!

NOTA BIOGRAFICA
Nato a Bologna il 3 giugno 1986, si è laureato all’Università di Bologna in Storia Contemporanea. Da anni si dedica alla ricerca storica con particolare attenzione alle vicende personali dei caduti e dei reduci e al contributo emiliano romagnolo durante il primo conflitto mondiale. Collaboratore del civico Museo del Risorgimento di Bologna, presidente del Comitato "Memorie di Pietra della Grande Guerra", che si occupa di rieditare libri per raccogliere fondi per il restauro di manufatti della Grande Guerra, vicepresidente della associazione storico culturale “Emilia Romagna al fronte”, redattore e progettista del Museo Virtuale della Grande Guerra di Redipuglia sorto sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. È stato consulente storico per due puntate su cinque per Facttv.uk, che ha realizzato per conto di Der Spiegel la serie documentario The great war underground. Tra le sue pubblicazioni per Gaspari Editore: "Il calvario degli emiliani. L’attacco al Podgora del giugno 1915", "Storia cronologica dei combattimenti sul fronte italiano 1915-1918", "La grande guerra italiana, le battaglie", "Arditi, cavalieri e fanti nell’epopea della battaglia del Solstizio", "I combattimenti degli arditi sul Piave". Per la rivista Limes il saggio Fatta la guerra si fecero gli italiani (maggio 2014); coautore con A. Spicciarelli del bollettino del Museo del Risorgimento anno 2016 dal titolo: Tra Nizza e le Argonne, i volontari emiliano romagnoli in camicia rossa 1914-1915.









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